In occasione della visita di papa Francesco alla popolazione della Repubblica Democratica del Congo, abbiamo “respirato” uno stile di preghiera del tutto particolare: la danza.
Non si trattava di uno stile esclusivo per i bambini, né per i giovani, ma uno stile che coinvolgeva tutti con un entusiasmo incredibile e una resistenza eccezionale. Era una preghiera che attirava e affascinava tutti e ciascuno: bambini, giovani, anziani, gente del popolo, autorità civili ed ecclesiastiche.
Ma, se il cuore non danza, può il corpo continuare a danzare in questo modo?
Tutto ciò che opprime il cuore, lo appesantisce, lo allontana dalla verità e lo riempie di confusione, in realtà blocca anche le membra e rende come paralitici. Incapaci di cantare, di danzare, di pregare, di dialogare, di contemplare e gioire, di ricevere ed esprimere amore.
Allora, come il paralitico del Vangelo, abbiamo bisogno dei fratelli e delle sorelle che credono nella possibilità di guarire, al posto nostro e per noi. E può capitare che, vicino o lontano, qualcuno ci presenti al Signore pagando anche di persona, perché il nostro cuore e il nostro corpo riprendano a danzare. Quindi, sarà la danza delle mie e delle tue ferite, delle mie e delle tue fragilità. Consegnate e immerse nel grande cuore di Dio, dove ogni danza trova il suo spazio e la pienezza della sua espressione.
Che ogni cuore veramente possa danzare la danza della vita, in un abbraccio limpido e sereno con tutti e tutto ciò che ci circonda. Sarà la danza del Paradiso. Quella danza in cui tutto verrà ricondotto alla sua origine, a quel Cuore che è immensità di Amore. Cuore che, per amore, si fa vulnerabile, debole, disarmato.
Così anche tu, che ti senti piccolo, indifeso, incapace, entri a pieno titolo e a testa alta in questa danza d’amore.