«Una voce! L’amato mio! Eccolo, sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia dalle inferriate. Ora l’amato mio prende a dirmi: “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni presto!”».
Questi versi del Cantico dei Cantici (cfr. 2,8-14) interpretano bene una tappa, una data, un anniversario: i Giubilei di Professione religiosa appunto. In Congregazione sono stati celebrati il 28 maggio 2022, con le suore che hanno ricordato una tappa, più o meno lunga, del loro cammino di relazione con l’amato: il Signore Gesù. Stagioni che si sono alternate e ripetute, in tempi favorevoli e in quelli di dura prova.
Dalla primavera, in cui la “voce” dello Sposo è stata chiara e la sua attrattiva forte come tra due innamorati. La stagione dei fiori. Poi l’estate: il tempo caldo degli anni di formazione. Alternanza di generosità ed entusiasmo hanno accompagnato i passi della missione. La sequela di Cristo, apostolo per eccellenza, incarnato nell’umanità cui servire nel dono di se stesse.
E, insieme, l’autunno e l’inverno. La raccolta soddisfacente dei frutti, ma anche lo spogliarsi poco a poco della propria “vitalità”. Il mollare la presa per la leggerezza dell’io, come la foglia luminosa che si lascia trasportare dal vento dello Spirito. Sì, abbandonarsi tra le braccia all’Amato. Fedele alla sua “voce”, che nella stagione fredda e buia pare affievolirsi. “Dove sei? Perché non mi rispondi?”, verrebbe da domandarsi accoratamente. Ma l’Amato c’è, e la sposa ne è certa e sicura. La sua fede è granitica, cementata dalla catena delle piccole e quotidiane fedeltà, costruita nel lungo arco dell’esistenza. E ancora l’Amato a dire: «La tua voce è soave il tuo viso incantevole» (cfr. 2,8-14).
Giubilei: cuori traboccanti di gioia e di gratitudine. Vite di suore che si sono donate a Dio e lo hanno servito nei fratelli, senza distinzioni. Con un solo privilegio: i poveri, i piccoli, i disagiati, i sofferenti. Ognuna è stata, ed è attualmente, una stella luminosa nell’ambiente di vita, verso il “caro prossimo”.
A queste sorelle padre Médaille continuerebbe a dire: «Abbiate sempre davanti agli occhi il fine della vostra vocazione che a mio parere è sublime, e non fate mai nulla che contraddica la professione di una vita intessuta di modestia, di dolcezza e di santità» (MP 1).
Mi piace concludere con la speranza di san Paolo «Non ci scoraggiamo: anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno» (2Cor 4,16). A queste parole fanno eco quelle del canto Tu sei fuoco vivo:
“Tu sei sposo ardente che ritorni a sera, del mio giorno sei l’abbraccio.
Ecco, già esulta di ebbrezza eterna questo giorno che sospira.
Se con te, come vuoi, mi consumo amando, sono nella pace”.