Ci siamo ritrovate per una tavola rotonda, programmata dall’USMI, su un interessante tema quanto mai attuale: “In ascolto del grido dei poveri: percorsi possibili in risposta ai bisogni”.
La Casa Madre delle suore giuseppine, sabato 2 marzo 2024, ha accolto un buon numero di suore di diverse Congregazioni, desiderose di conoscere le diverse povertà, soprattutto a livello di territorio. Nell’invocazione iniziale allo Spirito, abbiamo chiesto il suo amore e la forza di cercarlo nei fatti e nelle persone che incontriamo. Sono intervenuti, con le loro testimonianze: Enrico Manassero e Nino Mana, Direttori Caritas di Cuneo e Fossano; padre Stefano Aragno e Domenico della Comunità Cenacolo di Saluzzo; Sergio e Marinella, volontari alla Città dei ragazzi dediti all'accoglienza di giovani migranti. Le provocazioni e gli stimoli sono stati tanti e toccanti. Si è maggiormente preso coscienza che il grido dei poveri troppe volte è silenzioso e inascoltato. Infatti, un quarto dell'umanità vive nella povertà assoluta. Ma c’è una povertà meno evidente. Quella relazionale, educativa, morale, spirituale, di valori. I poveri sono ovunque, tenuti ai margini, come pure è in crescita il divario tra poveri e ricchi a livello mondiale.
Enrico, a livello di Caritas, ha segnalato alcuni problemi. Quello della casa: ce ne sono tante, ma purtroppo i proprietari non le affittano agli stranieri, nonostante siano lavoratori rimunerati. Quello del lavoro: o manca, oppure gli stipendi sono troppo bassi e non permettono agli operai di mantenere la propria famiglia. Quindi è povero anche chi lavora. Per vincere la povertà non basta l’aiuto economico. È indispensabile anche l'istruzione, la conoscenza della lingua e la formazione. Solo con la presa di coscienza della realtà in cui si vive si diventa capaci di un vero riscatto.
Padre Stefano ci ha parlato della loro missione. La comunità del Cenacolo, nata a Saluzzo, ha attualmente 72 Comunità in 22 paesi. Sono luoghi dove vengono accolti giovani con disagi, dipendenze varie, quindi sono smarriti. Non si dà loro solo un piatto di che nutrirsi, ma qualcosa in più. Essenzialmente puntano all'incontro con Dio. Lì non c’è né povero né ricco, ma tutti siamo figli. Allora si rinasce, perché si reimposta la propria vita dal di dentro. Questa è l’eredità lasciata da madre Elvira. Ci sono dei giovani che si fermano in comunità per aiutare, per condividere con altri ciò che hanno ricevuto. È così che il povero può diventare dono per altri. Domenico, uno di questi, ci racconta che si era “perduto” nella dipendenza. In Comunità è risorto ed è rimasto. È andato in missione a S. Domingo, poi in Perù. Da anni è sposato e ha una bella famiglia.
Con il cuore colmo di riconoscenza verso Dio, che suscita nella sua Chiesa persone e realtà capaci di ridonare speranza agli scartati e indifesi, ritorniamo nelle nostre comunità. Ci sentiamo rinnovate nel desiderio di servire gli ultimi. Quelli che, come afferma papa Francesco, la società “scarta”. Siamo più coscienti che solo stando dalla parte dei poveri, saremo Chiesa credibile e fedele al Maestro.