Fino a quando saremmo disposti a perdonare un amico, uno sposo, un figlio? Quando diremmo che ormai è troppo tardi? Gesù mostra il volto del Padre, ci svela come è Dio, anche in questo.
È in croce, sta per morire, possiamo soltanto immaginare il senso di abbandono, di sconfitta, la sofferenza fisica, le forze che stanno svanendo. Il momento della disperazione, del lasciarsi andare. In quel momento, è affiancato da due crocifissi, due “ladri” dicono i vangeli. Ma al tempo di Gesù, lo sappiamo da altri storici, si indicavano così coloro che in Israele provavano a ribellarsi al potere romano, ad esempio rubando i soldi delle tasse. Anche loro sono sconfitti, e uno dei due se la prende con Gesù, quasi fosse un poveraccio che condivide la sorte di chi, almeno, aveva provato a portare avanti un discorso politico. Evidentemente ha ancora forze: non è stato flagellato, per farlo morire in giornata gli spezzeranno le gambe. Si capisce la rabbia, che si sfoga contro ciò che si può.
Il suo compagno, però, lo rimprovera, ammette che Gesù non è un ribelle come loro, ma allora muore da innocente. Non è un poveraccio indegno di stare con loro, è un condannato a morte ingiustamente. Il ladro “buono”, a questo punto, non chiede niente per sé, ma solo di essere ricordato «quando entrerai nel tuo regno». Ci credeva davvero, o ha avuto compassione per quello che poteva pensare fossero i vaneggiamenti di un pazzo? Non lo sappiamo, ma in ogni caso si mostra umano.
E Gesù lo ripaga promettendogli il paradiso in quello stesso giorno. Gesù sta morendo, non ha più forze, ma riesce ancora ad accogliere l’umanità che non lo rifiuta. Dio è così, sempre disposto a venirci incontro.
Domenica delle Palme anno C ⇒Il racconto della passione di Luca si trova ai capitoli 22 e 23.