“Che triste parlare di pace quando nel mondo ci sono tante guerre”. “Guarda, per la Terra sarebbe meglio se noi sparissimo”. “E poi, anche in casa, chissà quanto litigheremo e staremo male in queste feste”.
Sono discorsi e battute che rischiano di suonarci familiari. Tutto parlerebbe di pace ed armonia, in questi giorni, ma sappiamo che per tanti sono solo vaghe speranze e che proprio questo clima incantato ma anche potenzialmente ipocrita rischia di fare esplodere in modi anche peggiori le tensioni non risolte che ci portiamo dietro, nelle relazioni tutto intorno a noi. Spesso ci sentiamo fuori posto, inadatti a vivere questo clima. E invece, è proprio per noi che arriva il Natale. Che non parla di umanità perfetta, ma anzi della storia reale, spesso brutta e crudele. Parla di un neonato che il suo re vuole eliminare per non esserne spodestato, tanto da dover fuggire in esilio (nel vangelo di Matteo). Parla di una giovane coppia che non trova neppure un posto in cui partorire, e viene visitata, sì, ma da impuri e puzzolenti pastori (nel vangelo di Luca).
Parla, in entrambi, di una salvezza che è resa visibile dal fatto che… è nato un bambino. Uno come tanti. Da due genitori sprovveduti e senza nobiltà o qualcosa di eccezionale.
Ma dice, esattamente, che nell’umanità normale, perseguitata, ambigua, umile e puzzolente… Dio viene. Non si vergogna di noi, non ha paura di sporcarsi. E se Dio viene a Betlemme, a Nazaret, può continuare a essere presente nelle nostre tensioni, imperfezioni, tristezze e paure. A noi può spaventare il clima del Natale. Ma Dio di noi non si vergogna né spaventa. Entra nella nostra umanità vera, con la speranza di cambiarla, migliorarla, farla simile a Lui. Ma intanto, non sta fuori, entra in mezzo alle nostre fatiche e tristezze. Non ci lascia soli.
Natale del Signore ⇒Vedi i brani del Vangelo del 25 dicembre 2024.