Che cosa vedono Pietro, Giacomo e Giovanni, oppressi dal sonno, sconvolti dalla sorpresa, mentre pensano di essersi semplicemente ritirati in disparte con Gesù per pregare?
Questo, in un tempo in cui già hanno sentito l’opposizione che lo porterà alla morte? Vedono il loro Signore in abiti splendidi, non umani, mentre parla con Mosè ed Elia, la legge e i profeti. Si capisce il loro sconvolgimento: colgono Gesù nella sua natura biblica, divina. Hanno un’intuizione e un anticipo del Signore risorto. Si comprende anche facilmente come non vorrebbero tornare a valle: «È bello per noi essere qui. Facciamo tre tende». Ma quel momento finisce, occorre tornare alla vita normale ma senza dimenticare quell’intuizione di cui pure non si riesce a parlare.
Così anche per noi: impegnati nel faticoso cammino quaresimale, ma sapendo già che sfocerà nella Pasqua. Affaticati da tutti i nostri dolori quotidiani, ma con la promessa che saranno vinti da quella promessa che parla di vita piena, sia pure non disincarnata. Anche Mosè, Elia e Gesù, infatti, parlavano del suo “esodo”, cioè della sua morte sulla croce.
Viviamo nel tempo della fatica, è vero, ma possiamo vivere con la mente che ricorda quell’intuizione, che la vita, con tutte le sue promesse di gioia e relazioni, avrà la meglio. Non cancellando tutte le sofferenze, ma abbracciandole e guarendole. Restiamo pienamente nella storia, ma con lo sguardo all’assoluto.
II Domenica di Quaresima C ⇒Leggi il Vangelo secondo Luca 9,28b-36