Da un po' di tempo a questa parte, seguo un corso proposto da un'associazione che riguarda la Cooperazione e la Solidarietà internazionale. È molto vario e davvero interessante.
In una delle ultime lezioni ci è stato proposto di leggere un brano tratto dal libro L'identità di Amin Maalouf. Amin è uno scrittore e giornalista libanese, trasferitosi in Francia. Molte delle sue opere sono incentrate sul dialogo tra culture diverse. In particolare, L'identità è un saggio di critica e rifiuto contro la pazzia di chi incita gli uomini a suicidarsi in nome della loro identità, in qualsiasi parte del mondo. Di tutto il brano, che è sicuramente toccante e significativo, mi ha colpita una frase che cito: «Poiché è il nostro sguardo che rinchiude spesso gli altri nelle loro più strette appartenenze, è anche in grado di liberarli».
Non mi ero mai soffermata sull'infinità di sguardi a cui siamo soggetti ogni giorno e che ogni giorno rivolgiamo agli altri.
Sguardi fugaci, privi di interesse, distratti, attenti, giudicanti, curiosi, bramosi di segreti, capaci di captare sfumature, scrutatori, spaventati, spavaldi, sorridenti, emozionati, commossi.
Ci sono sguardi che escludono e ci sono sguardi che accolgono.
Le nostre relazioni sono inondate da una continua moltitudine di sguardi. Gli sguardi degli altri possono ferirci o abbracciarci, stupirci o umiliarci. La stessa cosa possiamo fare noi nei confronti di chi ci sta intorno. Senza rendercene conto potremmo custodire immagini di sguardi che ci hanno cambiato la vita.
Anche Gesù ha utilizzato lo sguardo per aiutare, per salvare, per liberare, per amare. Allora, non serve altro. Basta uno sguardo... “Fissatolo lo amò”.