Il percorso di quest’anno relativo al weekend della Parola è partito con una riflessione non indifferente. Lo “storpio” sono io. Non è forse il compito più arduo dell’essere umano accettare di essere fragili, storpi?
A volte, però, la nostra storpiatura, la nostra febbre siamo noi che la creiamo. Opponiamo resistenze, e ci incateniamo a convinzioni, incapaci di accogliere lo sguardo dell’altro che può risollevarci e liberarci. Tuttavia il cammino ha mosso, nuove certezze. Così ho preso atto, come il carceriere, che anche nella mia vita possono esserci dei “Paolo e Sila” in grado di dire parole che mettono in moto il nostro cuore e abbattono i muri. Nasce così, la sua stessa domanda: “Che cosa devo fare?”.
Cercherò sempre risposte a questo interrogativo. Proverò ad andare sempre a fondo delle cose, scontrandomi con interrogativi più grandi. Bisogna non smettere di farsi domande, per evitare di dare per scontato il nostro sapere. Ma la risposta è una sola: è il Signore Gesù. La risposta è un verbo: credi!
Continuare a porsi l’interrogativo “Che cosa devo fare?” è ciò che permette di proseguire, di procedere, di trovarsi a scoprire, ravvivare, rianimare la fede. Anche in posti sconosciuti dove, ad accoglierci, troviamo la “rara umanità” di chi, diverso da noi, ci insegna a non smettere di credere e ci spinge a riscoprire l’annuncio ricevuto e donato.
Torno allora dallo storpio, a quello storpio che sono io e, con grande gioia, gli annuncio: “Credi!”. Nessuno può dirti che sei profano e impuro. Fatti sostenere! Sei degno di amare ed essere amato!
*Puoi confrontare il libro degli Atti degli Apostoli: 3,1-10;16,16-40;10,13-15;28,1-2;