Andare incontro è accostarsi all’altro in punta di piedi, con rispetto e un sacro timore. Quello di invadere il suo spazio, di fargli violenza, tanto da condizionarlo nell'essere se stesso.
Di "obbligarlo" a mettersi una maschera per potersi relazionare serenamente. È apertura alle sorprese, perché l’altro non è una statua, ma una persona dinamica, che cambia e può cambiare a ogni nuova situazione. Presuppone la capacità di conoscere se stessi, di avere l’onestà e il coraggio di attribuire a sé quegli ostacoli della relazione che ci appartengono, insiti nella nostra fragilità.
Andare incontro è l’atto che chiede una decisione della mente, ma soprattutto apertura del cuore. Chiede una libertà, vera e profonda, da tutto quello che ci condiziona di fare il passo verso il fratello o la sorella. Chiede la passione, anzi, la compassione, quella che incontriamo solo in Gesù, come pienezza. Il suo atteggiamento è concreto nel venirci incontro, nel suo sguardo, nella sua voce, nei suoi gesti. In una parola: nel dono di se stesso, perché “la vita possa esprimersi in abbondanza”.
In questo mese, dedicato all’invocazione più intensa per la pace nel mondo, ci sia dato di imparare ad accoglierci l’uno l’altro, regalando vita e serenità.