Purtroppo anche oggi c’è chi non ha un luogo dove abitare, ma c’è anche chi ha la fortuna di avere una casa: piccola, semplice, modesta, oppure ampia, sfarzosa, elegante.
Ciascuno di noi può chiedersi: io abito veramente la mia casa? Ciò significa sentirmi a mio agio, ritrovare in essa un luogo di riparo, un rifugio, uno spazio dove sia il corpo che il cuore possano riposare, dove possano esprimersi, donare e ricevere vita. Ma c’è un’altra casa in cui abitiamo notte e giorno, estate e inverno, con il sereno e con la tempesta: è il nostro corpo. Una casa che non abbiamo costruito noi, che ci è stata donata. Una casa meravigliosa che può crescere e migliorare, anche con l’apporto di chi vive al nostro fianco.
Abitare il nostro corpo è accogliere, con immensa gratitudine, ogni suo membro e sentirlo profondamente nostro. È accettare la loro fragilità, vulnerabilità e debolezza, ma anche riconoscere potenzialità e risorse. È adoperarsi perché possano dare il meglio, anche con il passare del tempo e nelle varie stagioni della vita.
“Sentirsi bene nella propria pelle” è un modo di dire corrente, ma è una condizione profondamente legata alla serenità del cuore e della mente. «Tu sei prezioso ai miei occhi. Sei degno di stima e io ti amo» ci annuncia la Parola di Dio, per bocca del profeta Isaia (43,4).
Sentirsi amati e aprirci ogni giorno alla novità del dono, è il segreto per abitare con serenità il nostro corpo così com’è. Ogni forma di evasione, ogni tentativo di fuggire da noi stessi non è mai positivo. Anzi, porta disarmonia e confusione, sia nel nostro essere profondo che nelle nostre manifestazioni esteriori.
Sii lieto di abitare il tuo corpo, tempio dello Spirito Santo. È attraverso il corpo che puoi amare e sentirti amato. Così ha fatto Gesù, nel mistero dell’Incarnazione. Mistero che dona dignità al corpo, a ogni corpo così com’è. Chiamato ad essere trasfigurato nella risurrezione finale, grazie al dono di Dio che sazia la nostra sete di infinito.