Taoufik ha 33 anni. Marocchino, si è laureato in Medicina in Ucraina. Sta specializzandosi in chirurgia oftalmica. Sposato da un anno e mezzo con Yana, giovane ucraina, vivono a Kharkiv.
Orfano di padre, lasciato il Marocco, la piccola città di Beni Mellal, aveva scelto una università in Ucraina. Al confronto con altri atenei in capitali europee lì era meno costoso. Studia e lavora per sostenere i costi del suo percorso formativo. Economicamente è anche aiutato da una sorella più grande che vive a Bergamo e fa la badante.
Scoppia la guerra. L’Italia apre le sue frontiere ai profughi, uno slancio umanitario considerevole ed ammirevole, riconosciuto da tutti. L’attuale regolamentazione degli arrivi apre le porte della regolarità solo agli Ucraini ed a coloro che sono in possesso di un permesso di soggiorno a lungo termine in Ucraina. I profughi non sono tutti uguali.
Come?
Taoufik e Yana arrivano a Bergamo, dalla sorella di lui. Immediato permesso temporaneo per Yana. “Ma come studente, in Ucraina non ti danno il permesso di soggiorno a lungo termine proprio perché è legato al percorso di studi, ed è anche molto raro averlo” - spiega il giovane medico ora “clandestino”.
Per lui, come per altri studenti e professionisti di origine straniera che scappano dalle bombe, viene detto che i loro sogni sono finiti. Già all’inizio del conflitto erano emerse simili difficoltà di uscita per gli stranieri che si trovavano là.
Braccia tese, ma non per tutti. Razzismo, ammantato di regole, come chiamarlo altrimenti? Che tristezza per il nostro mondo “accogliente”!!!