Un tumore si è portato via un bambino di 7 anni, ivoriano e musulmano. Una comunità straniera si è raccolta attorno alla famiglia residente a Boves, una cittadina di quasi diecimila abitanti.
Ed anche la comunità italiana, indigena, ha partecipato al dolore della famiglia e al funerale. Il rito, tenuto al cimitero, ha raccolto parecchie persone, grandi e piccoli, attorno alla piccola bara bianca orientata come prevede la loro tradizione religiosa. Parole convinte e toccanti di chi ha guidato la riflessione, partendo dal Corano, l’invito a pensare il piccolo in cielo che gioca con gli angeli e che la morte non è un castigo di Allah. Davanti gli uomini e dietro le donne con i bambini, eleganti e dignitose, una compostezza triste. Ho vissuto la vicinanza delle persone attorno alla famiglia. Ho percepito il dolore degli intervenuti italiani per quanto accaduto. Ho ascoltato il saluto che l’iman ha rivolto a piccoli compagni che erano presenti con fiori bianchi in mano. Ho visto un palloncino bianco librarsi nel cielo.
Ma soprattutto mi consola aver vissuto, in quell’ora, il rispetto delle convinzioni altrui, senza volontà di insegnare agli altri come fare, accoglienti verso altre fedi. Sentirsi cittadini di un mondo che appartiene agli uomini ed alle donne di qualsiasi colore di pelle.
Una condivisione di sentimenti, unita alla convinzione che tristezza, dolore, vicinanza, comprensione delle usanze degli altri sono emozioni universali.
Un modo per avvicinarci come comunità, di rispettarci, utile, direi indispensabile. Si può!
Grazie, piccolo bambino colorato.