Si chiama Francesca Mannocchi. È una giornalista di guerra, di 41 anni, abituata a percorrere strade pericolose, ad incontrare storie tristi, a volte senza speranza, drammatiche.
Racconta con partecipazione e professionalità. «Mostrare la violenza e la guerra oggi ha senso solo se indaghiamo e facciamo domande scomode e sconvolgenti sul perché accadono questi eventi: non fermarsi alla reazione emotiva, ma usare la mente per riflettere, per porci degli interrogativi sulle cause e sulle responsabilità dei conflitti. Perché le strade di Bucha e Bakhmut sono piene di cadaveri di civili? Perché un milione di siriani è fuggito dal Paese? Perché persone provenienti dall’Africa subsahariana continuano a morire in mare nel Mediterraneo?» - scrive.
È forte Francesca, va a cacciarsi in posti inospitali e pericolosi e poi lo racconta sui giornali o in televisione. Esile, semplice nell’esposizione, ben salda nel racconto.
Ha scritto “Bianco è il colore del danno”, libro autobiografico di giovane donna che scopre di essere affetta da sclerosi multipla. Lo racconta attraverso il suo vissuto quotidiano fatto di domande, di incertezza, intriso della paura di perdere l’autonomia, di non poter più fare la mamma (ha un bambino piccolo).
È coraggiosa a volersi mettere in gioco con il suo lavoro.
È coraggiosa nel raccontarci la sua storia di sfide, di confronto con realtà al limite della sopportazione.
È coraggiosa perché ci racconta della sua malattia e non smette di vivere, di vivere per quello che le interessa e che ha fatto diventare una scelta di vita.
Grazie Francesca.