Mi sono trovato in questi giorni a riflettere sulla parola comunità. Deriva dall’unione di due parole: cum e munus. Quest’ultima in latino significa compito, dovere, ma anche dono e servizio.
Dono rimanda alla gratuità mentre il cum riconduce ad un servizio personale per qualcuno. Tralasciando disquisizioni storiche, mi piace immaginare una comunità che si fonda su un reciproco donarsi.
Il dono esclude ogni calcolo, è pura gratuità. Viverlo come tale presuppone la fiducia che il mio donare è parte di una rete di doni.
Gratuità e fiducia reciproca reggono le comunità religiose così come le famiglie. Certo non garantiscono da momenti di incomprensioni per i quali l’antidoto è la scelta libera e volontaria di ricominciare sempre, donando il per-dono.
Mi pare che queste riflessioni siano in linea con quanto padre Médaille scrive al punto 4 delle Massime dello zelo: «… una vita santa ed esemplare è senza dubbio più utile al prossimo dei bei discorsi» (XI, 4).