Lo scorso mese abbiamo tentato di arginare la paura che deriva dall’osservare il mondo. Vorremmo poter incidere sulla modalità di vivere nel mondo in modo giusto, a favore di ogni essere uumano.
E soprattutto vogliamo riconoscere che non tutti sulla terra abbiamo le medesime possibilità. Sappiamo che la crescita non è illimitata, ma sovente lo scordiamo. Tutto ciò che esiste è dono. Ed il discorso cade sempre lì: tra chi sfrutta per ricavarne utili, che poi non condivide e chi subisce. Il potere cresce. Dobbiamo saperlo controllare. Per la sopravvivenza. Con che mezzi?
Approfondimento culturale e spiritualità, magari da recuperare proprio da coloro che riteniamo non adeguatamente moderni. Tra chi patisce questo andazzo ci sono popoli, soprattutto quelli indigeni, che hanno molto da insegnarci circa le risorse, limitate e il loro rispetto, uso consono, senza depredare. Da sempre questi hanno fatto i conti con il limite, pur conoscendo pregi e possibilità dei beni a disposizione.
Attenti allora agli effetti delle nostre scelte economiche, di studio, di sfruttamento. Siamo parte della natura che non è solo cornice. Il “rapporto sano ed armonioso” con essa è venuto meno per la nostra ingordigia di ricavarne utili. Ora sappiamo che il progresso che generiamo si può rivoltare contro noi stessi.
Allora sforziamoci di ascoltare ed interpretare il pensiero che ci viene ogni tanto anche da lontano. Da chi vive e sa ricavare dalla natura, senza distruggerla, le risorse necessarie. Ce lo raccontano sovente i missionari che hanno conosciuto questi popoli e che ora, anch’essi, si battono per la salvaguardia delle persone incontrate e del loro sapere.