Quando ritorno a casa, uno degli "appuntamenti fissi" è quello di andare a trovare le nonne. In particolare, con una delle due, l'appuntamento si svolge con il prendersi cura del suo corpo.
La preparo, le faccio un bagno e con un massaggio le metto la crema per cercare di alleviare, almeno un po’ quei dolori che ormai sono costanti e non le lasciano tregua. È un rituale che ormai si è creato. È un comune accordo. Sappiamo che sarà un bel momento. Non è un'esigenza, non è fondamentale, ma è per entrambe un'importante condivisione. Non nascondo, però, che rispetto al ricordo che ho di mia nonna durante la mia infanzia e la mia adolescenza, l'immagine che vedo ora è del tutto cambiata. Questa cosa un po' spaventa e un po' ferisce... Alta, imponente, piena e forte, vedere ora mia nonna curva, con un corpo sempre più prosciugato, che fa sempre più fatica nei movimenti è sicuramente un tuffo al cuore, ogni volta... Questo suo corpo ha dato vita a tre figli, 9 nipoti e 2 bisnipoti. Questo corpo che ha generato tanto, ora sembra così stanco e fragile, sembra rompersi al solo sguardo. Faccio fatica a pensare questo corpo in una mente ancora lucida, nonostante la sua età.
Quando vivo questo appuntamento, mi capita spesso di pensare alla riflessione sul corpo di Madelaine Delbrêl. «La nostra condizione è di avere un corpo. La mattina, quando ci svegliamo, il nostro corpo è il nostro primo incontro (...), il nostro corpo non è un caso. Dio l’ha voluto, Dio l’ha equilibrato. Abbiamo i nervi, il sangue e il temperamento profondo che egli ha voluto. Il nostro corpo, Dio l’ha pre-conosciuto per farvi abitare la sua grazia. Egli non ne ignora alcuna debolezza, alcun compromesso, alcuna deviazione. Eppure l’ha scelto per farne il corpo d’un santo (...). Bisognerebbe abituarci a tenere il nostro corpo come in gerenza: è la vita che Dio ci affida. Noi dobbiamo perderla quanto alla proprietà, ma ritrovarla in quanto essa gli appartiene (...). Questa scoperta della volontà di Dio nel nostro corpo fa sì che noi dobbiamo considerarne anche la minima parte con rispetto. Esiste una sorta di reverenza di fronte a ciò che Dio ha creato».
Grazie a questa riflessione. Di fronte al corpo di mia nonna sperimento e imparo l'importanza del corpo, del prendersene cura in quanto "casa di grazia". Imparo a non guardare con fatica alle fragilità, alle debolezze, ma ad apprezzarle come segni di una storia di vita, di "santità" e di grazia. Imparo ad accarezzare quelle rughe come ripercorrendo una storia dell'arte. Della magnifica opera d'arte che ogni corpo, preconosciuto, creato e amato è.