Antonella ha insistito per andare a trovare il figlio in carcere. È passato parecchio tempo prima di ottenere il permesso. Ha voluto fortemente questo incontro, nonostante la situazione e la sofferenza.
Suo marito non ce l’ha fatta ad accompagnarla. Sono pesantissime le vicende di questa famiglia. Era successo a Genova, un anno fa. Il loro figlio Alberto uccide a coltellate la sorella Alice, sposata e madre di un bambino piccolo. Viene arrestato ed è attualmente in carcere. La sua mamma ha voluto incontrarlo per comunicargli che loro genitori ci sono e ci saranno sempre, lo ritiene un dovere. Esigono però che venga curato.
La donna è ben consapevole dello scompenso psichiatrico che affligge il figlio. Proprio per questo deve essere adeguatamente curato e seguito, pur riconoscendo che deve scontare la pena per quello che ha fatto.
Nell’incontro non si sono detti nulla, madre e figlio. «Lui mi ha fissata, io gli ho fatto ciao con la mano. Pochi minuti, …». Dopo, Alberto ha detto agli operatori del carcere che non se la sentiva e che avrebbe provato a scrivere.
«Alberto è una persona malata ed è mio dovere fare di tutto perché venga curato», colpevole ma anche malato. Antonella ha atteso due mesi a dare la notizia dell’avvenuta visita.
È lucida questa donna, madre di due figli, che asserisce «purtroppo uno è venuto male, che facciamo? lo buttiamo giù dalla rupe?». Determinata e con risorse, nonostante «il senso di colpa per non aver saputo proteggere i nostri figli».