Tutti presi dalle Olimpiadi. Ci si appassiona. Ha fatto la sua gara anche Kimia Yousofi, donna afghana di 28 anni. Dopo la corsa ha sfoderato un messaggio, scritto a mano: «Istruzione, sport, i nostri diritti».
Ha usato i tre colori della bandiera del suo paese. È scappata anni fa in Australia, per salvarsi, in accordo con il CIO (Comitato Olimpico internazionale). Invita le sue connazionali a non arrendersi, a cercare le loro opportunità e sfruttarle. Trentasei atleti provenienti da 11 Paesi diversi, ospitati da 15 Comitati Olimpici Nazionali e che gareggiano in 12 sport, sono stati nominati membri della Squadra Olimpica dei Rifugiati del CIO per Parigi. Per la prima volta dalla creazione di questa squadra sono presenti due rifugiati residenti in Italia. Si tratta di Iman Mahdavi, lotta libera e Hadi Tiranvalipour, taekwondo, entrati a far parte del Programma Olimpico per i Rifugiati nel 2022 e 2023.
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite Filippo Grandi ha dichiarato: «La Squadra Olimpica dei Rifugiati dovrebbe ricordarci la resilienza, il coraggio e le speranze di tutti coloro che sono stati sradicati da guerre e persecuzioni. Questi atleti rappresentano ciò che gli esseri umani possono fare, anche di fronte ad avversità estreme…».
Si allenano per le gare sapendo di essere impegnate/impegnati in altre competizioni, ben più serie e dove a repentaglio non c’è una medaglia, ma la vita. Mi sento interrogata in prima persona rispetto al viso di Kimia che, triste, sfoggia il foglio facendo il giro dello stadio. Non è per tutti uguale… che abbiano vinto o no…