Ho letto da poco un interessante intervento di un missionario. Racconta di essersi inserito nella comunità, lontana dal mondo occidentale per distanza e tradizioni, a poco a poco.
Soprattutto senza aver fretta di fare, ma prima di tutto di conoscere. Di entrare in contatto con le persone del posto, di avvicinarsi loro per comprendere e condividere qualcosa della loro vita. Mi sono venute in mente tante esperienze ascoltate negli anni, conosciute di persona in paesi lontani, dove nostri e nostre connazionali sono stati impegnati come missionari. Da bambina ci raccontavano che a quei popoli lontani portavano la nostra fede religiosa. Poi questi tornavano vestiti diversi, con idee diverse, ci raccontavano di tradizioni conosciute e apprezzate che sarebbero servite anche a noi, di saperi a noi sconosciuti. A volte cambiavano anche i loro abiti.
Allora che cosa era accaduto? Prima di tutto si erano avvicinati come persone ad altre persone, in modo non invasivo. Avevano condiviso le loro vite, i loro problemi, scoperto le ingiustizie magari perpetrate dal paese da cui arrivavano e non potevano far altro che condividere, che cercare di capire perché ed attivarsi.
Quali allora le caratteristiche di una condivisione onesta e reale? Penso all’umiltà, all’agire in modo concorde senza sotterfugi o imbrogli. Ma penso anche al desiderio di conoscere aspetti nuovi del convivere, all’attivarsi di risorse per superare difficoltà diverse dalle nostre, all’adeguarsi a un ambiente, a un clima sconosciuti. Poi si possono anche condividere dei beni materiali, ma dopo….