Come camminare nella speranza? Dobbiamo, se non vogliamo soccombere sotto i problemi personali, familiari, della società. Ci vuole coraggio a crederci. L’impressione è di essere un po’ avventati o insensati.
A volte mi chiedo, a fronte delle sofferenze che sembrano accanirsi con qualcuno o con qualche popolazione, dove trovino il coraggio per proseguire. Non lasciano la presa, anche se dall’esterno pare impossibile raggiungere il risultato atteso. Penso ai naufraghi sui barconi, o a quelli sui barchini, le barche più piccole, più a rischio. Che cosa ancora li aiuta respirando petrolio nella stiva, vedendo affogare i compagni, guardando i loro bambini in pericolo… C’è una speranza forte e contagiosa di farcela, contro ogni previsione, contro ogni analisi di sicurezza, contro il tempo, contro l’egoismo a cui vanno incontro.
Non è ingenuità, è forza condivisibile e trasmissibile. È come un carburante che, in assenza di ogni altro ricostituente, può nutrirci e spronarci. È molla per tentare.
È il traguardo a cui anela chi attraversa periodi di difficoltà e ha una meta a cui tendere, anche per il singolo, nella quotidianità. Ci ha aiutati nella pandemia, ha aiutato i nostri genitori o nonni in tempo di guerra, aiuta oggi quei poveracci che sono trascinati in conflitti voluti e gestiti da governanti insensati. Sperano di uscirne, di salvarsi, sperano nell’aiuto esterno, sperano perché sono religiosi, sperano perché credono nelle risorse umane, si contagiano nella speranza.
È da condividere il detto popolare “la speranza è l’ultima a morire”.