Ognuno di noi intraprende una strada, una direzione di vita. Che lo vogliamo o no, consapevoli o meno, seguiamo un progetto. Sappiamo che cosa fare e che è meglio condividere con altri il nostro cammino.
A questo siamo chiamati, direi formati come individui. Può essere faticoso avere dei compagni di strada. Bisogna sapersi confrontare, ascoltare, a volte sono noiosi o insistenti. Non è però possibile agire singolarmente. È bene rapportarsi, esercitarsi a farlo. Serve a noi e serve a chi vive con noi. Dall’incontro poi può anche nascere una terza via, condivisa, diversa dalle due distinte. Forse più semplice, più completa, migliore. Che lo vogliamo o no siamo in continuo contatto con altri, nonostante i tentativi di isolarci.
Anche la buona e sana politica dovrebbe essere un percorso partecipato e condiviso.
Alla fine ci serve la tecnologia, ma una tecnologia “abitata” dove i singoli si confrontano. Si tratta di individuare una strada che possa essere percorsa anche da altri e soprattutto che non crei danno alle persone e all’ambiente. Ne abbiamo bisogno. Lo diceva già più di 50 anni fa il cardinale Michele Pellegrino nella sua lettera “Camminare insieme”, rivolta alla chiesa torinese.
E in questo cammino insieme non si può dimenticare quanto noi “ricchi” possiamo incidere negativamente sulle risorse del pianeta per il consumo derivante dal nostro stile di vita. L’essere credenti richiama tale riflessione: confronto con gli altri ma altresì assunzione di responsabilità nel rispetto della terra e dei suoi abitanti più poveri, in tutti i sensi.