Diverse e svariate osservazioni associamo alla parola cuore. Dipende dal vissuto di ciascuno e da dove ci poniamo per parlarne. Tutto ciò per dirci che è un organo importante.
Sia quello fisico, sia tutto quanto associamo a questo termine. In tanti ricordiamo il primo trapianto di cuore. Lo effettua, il 3 dicembre 1967, il chirurgo Christiaan Barnard a Città del Capo. Il paziente Washkansky ha ricevuto il cuore di una donna, vittima di un incidente stradale. Vivrà soltanto 17 giorni a causa del rigetto. La medicina ha fatto da allora tanti passi.
E quando Barnard si innamorerà di un’altra donna, diversa dalla moglie, si disse che si era cambiato lui stesso il cuore!
È un organo interno, possiamo immaginarlo o vederlo tramite gli strumenti diagnostici. Ma chi ne parlerebbe soltanto come una “pompa”, un meccanismo e non lo avvicinerebbe anche al sentimento, a qualcosa che non è visibile, che non possiamo disegnare? A una percezione?
È difficile rappresentarlo in un modo che comprenda questi diversi aspetti. Dal cuore facciamo scaturire l’amore, l’affetto, la partecipazione umana alle vicende altrui. Dal cuore facciamo anche nascere il nostro impegno nella società e nel rapporto con gli altri. E che cosa vuol dire “essere senza cuore”? Fa capolino un sentimento terribile, grezzo, scuro, in sostanza brutto.
È importante curare il cuore fisico, il motore che se si ferma arresta tutto… ma la nostra accezione è avvicinarci anche a qualcosa di spirituale, di pensiero e di sentimento che il cardiologo da solo non può curare!
Navigheremo tra queste due sponde nel 2025.