Immaginiamo di essere un re, un sovrano assoluto. E di avere un figlio, a cui vogliamo bene e che ci rende orgogliosi (può infatti anche succedere, di avere dei figli che non si sopportano...).
Come lo tratteremmo? Che cosa gli chiederemmo di fare, di subire?
Dai vangeli sappiamo che cosa fa Dio, in una situazione del genere. Suo figlio, «l’amato, in cui ho posto il mio compiacimento», si mette in fila con gli uomini, a farsi battezzare, a farsi purificare da impurità che non ha. Come se si mettesse in coda alla posta per pagare le tasse o davanti all’ufficio di collocamento. E non perché “si faccia un’esperienza”, ma proprio mescolandosi all’umanità in un modo tale da farci sospettare che non possa essere davvero dio!
Perché il Dio che la Bibbia ci mette di fronte non si vergogna degli uomini, crede anzi che quella umana sia la migliore condizione possibile. E la fa sua, per renderla ancora migliore, offrendoci un’immagine di perfezione per vivere al meglio possibile.
Perché il battesimo di Gesù, e tutta la sua vita, non ci dicono solo come sia Dio, ma anche come può essere l’uomo completo, plasmato a immagine di Dio: umile, pronto a condividere, a farsi pari tra i pari. Non per sacrificarsi, ma per essere davvero e fino in fondo se stesso. E felice.
Battesimo del Signore, anno C ⇒Si potrebbe rileggere il vangelo secondo Lc 3,15-22