L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori attraverso lo Spirito che abbiamo ricevuto, scrive san Paolo. È grazie allo Spirito se ci siamo scoperti (ci stiamo scoprendo) agapetoi, amati dal Signore.
E quando ci si scopre amati cresce la speranza, che è fiducia nel futuro, che è chiave di lettura e di svolta del presente. Siamo qui, tenaci discepoli dell’impossibile, stupiti testimoni dello stupore. Custodi del mistero nascosto nei secoli, chiamati a raccontarlo, a dirlo. Noi sappiamo che Dio c’è, ed è bellissimo. Non lo sappiamo perché siamo dei geni (figurarsi) ma perché lui, il Signore, si è raccontato. Come accade in una caccia al tesoro, di indizio in indizio, spinti dalla gioia. Perché il cristianesimo ha a che fare con Dio. E con la gioia. E anche noi, come gli apostoli storditi dalle tante emozioni, masticati e fioriti, sappiamo che lo Spirito ci accompagna alla verità tutta intera. Perché non riusciamo a portare il peso di tutta la bellezza, di tutto l’amore che Dio vuole riversare su di noi. Lo facciamo a puntate, a pezzi, passo passo. Ed è grazie allo Spirito, dono del risorto, che i discepoli del Signore hanno scoperto una verità che ci lascia allibiti. Dio c’è, ed è una relazione d’amore.
Quale Dio
Ed è simpatico che questa banda di simpatici topoloni che è la Chiesa, non quella gossipara dei media e nemmeno quella descritta allo sbando e morente che si legge sui siti dei cattolici puri e duri, ma quel popolo di Dio santo e in conversione cui il risorto affida la costruzione del Regno (tenero), grazie allo Spirito Santo, si chieda ogni in quale Dio stiamo credendo. E anche se stiamo lentamente lasciando che la logica del mondo ci contagi (quanto mi irrita questa cosa!), che la politica (quella brutta, sinceramente) tratti la fede come oggetto contundente, che paranoie, fobie, approssimazioni si sostituiscano alla vita spirituale, il messaggio che ci viene consegnato rimane. Noi non crediamo in Dio. Crediamo nel Dio di Gesù Cristo. È proprio un’altra questione, sinceramente. Un altro approccio. Io non ci sarei mai arrivato a Dio, se non mi fosse venuto incontro lui.
Il Dio mostruoso
Lo scrivo e lo dico spesso: mi sono convinto che tutti portiamo nel cuore un’immagine di Dio, anche chi crede di non credere. Non sempre bella, sinceramente: un’idea spontanea, inconscia, culturale, legata alla nostra educazione e nutrita da qualche distratto ascolto di predica o di catechismo. Dio c’è, certo, ma è incomprensibile, lunatico, inaccessibile. Ti ama, si dice, ma poi se non lo ami, lui che ti vuole tanto bene, ti manda una bella disgrazia. È onnipotente, ma non difende il bambino venduto per prostituirsi. Né schianta il prete pedofilo che ne abusa. C’è, opera, ovvio. Ma non fa quasi mai il mio bene. Meglio blandirlo Dio, non si sa mai. Meglio trattarlo bene, sperando che non ti capiti una disgrazia. E, a dirla tutta, forse io sarei capace di operare meglio di lui e di risolvere qualche bel problemino mondiale. Che so, infartando i dittatori ad esempio. L’idea di Dio che portiamo nel cuore, siamo onesti, è mediamente orribile. Finché è arrivato Gesù e ha sconvolto le nostre piccole idee di Dio. E ne ha parlato come nessuno ne aveva parlato e ha inviato lo Spirito perché, infine, capissimo.
Il Dio di Gesù
Gesù ci svela che Dio è Trinità, cioè comunione. Ci dice che se noi vediamo “da fuori” che Dio è unico, in realtà questa unità è frutto della comunione di un Padre/Madre che ama un Figlio e questo amore è talmente intenso da diventare una persona: lo Spirito Santo. Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l’uno verso l’altro da essere totalmente uniti. Dio non è solitudine, immutabile e asettica perfezione, sommo egoista bastante a se stesso, ma è comunione, festa, famiglia, amore, tensione dell’uno verso l’altro. Solo Gesù poteva farci accedere alla stanza interiore di Dio, solo Gesù poteva svelarci l’intima gioia, l’intimo tormento di Dio: la comunione, la sponsalità. Una comunione piena, un dialogo talmente armonico, un dono di sé talmente realizzato, che noi, da fuori, vediamo un Dio unico.
Dio è Trinità, relazione, danza, festa, armonia, passione, dono, cuore. Allora finalmente capisco l’inutile lezione di catechismo di quando, bambino, vedevo il parroco tracciare sulla lavagna l’addizione: 1+1+1=1 e disegnava un triangolo equilatero. Tenero. Con l’amore medio che un bambino ha per la geometria si era infilato in un bel pasticcio! Oggi ho capito. Sbagliava operazione. In Dio 1x1x1=1. Proprio perché il Padre ama il Figlio che ama il Padre e questo amore è lo Spirito Santo, che noi, da fuori, vediamo un’unità assoluta.
E a me?
Se Dio è comunione, in lui siamo battezzati e a sua immagine siamo stati creati; questa comunione ci abita e a immagine di questa immagine siamo stati creati. La bella parabola della Genesi ci ricorda di come Dio si sia guardato allo specchio, sorridendo, per progettare l’uomo. Ma, se questo è vero, le conseguenze sono enormi. La solitudine ci è insopportabile perché inconcepibile in una logica di comunione, perché siamo creati a immagine della danza. Se giochiamo la nostra vita da solitari egoisti non riusciremo mai a trovare la luce interiore perché ci allontaniamo dal progetto. Sartre diceva: “L’enfer c’est les autres”, Gesù ci ribadisce: “Siate perfetti nell’unità”. E se anche fare comunione è difficile, ci è indispensabile, vitale, e più puntiamo alla comunione e più realizziamo la nostra storia, più ci mettiamo alla scuola di comunione di Dio, più ci realizzeremo.
La Chiesa, va costruita a immagine della Trinità. La nostra comunità prende ispirazione da Dio-Trinità, guardiamo a lui per intessere rapporti, per rispettare le diversità, per superare le difficoltà. Guardando al nostro modo di essere, di relazionarci, di rispettarci, di essere autentici, chi ci sta intorno capirà chi è Dio e per noi l’idea di un Dio che è Trinità diventerà luce. Questo è il Dio che Gesù è venuto a raccontare. Quello di cui scommetto l’esistenza. Quello che lo Spirito ci permette di conoscere e sperimentare, scoprendoci amati, entrando nella danza.