Gesù è risorto, tiene il suo ultimo discorso ai discepoli prima di salire al cielo. Noi esseri umani siamo abbastanza abituati e bravi, in questi discorsi d'addio, riassuntivi e pieni di passione.
Nei quali lasciamo slogan ad effetto, destinati a essere ricordati per sempre, che in poche parole ridicono la nostra missione. Ebbene, il discorso di Gesù non è incentrato su di sé. Ricorda che era in qualche modo previsto nella scrittura, nelle intenzioni di fondo di Dio, che «il Cristo», ossia l'espressione ultima, piena, dell'intervento divino nella storia, fosse destinato a soffrire. Ma anche che la morte non l'avrebbe tenuto prigioniero. E nel suo nome «saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati».
Cambiare la propria direzione (conversione) serve ad andare in quella giusta. Perdono dei peccati implica di vivere di nuovo in serenità, in una relazione sana e bella con gli altri e con Dio.
Nel nome di Gesù non saranno predicati la gloria divina o il fatto che debba essere servito o riverito. Dio non guarda a sé, ma all'essere umano. Ci suggerisce che il modo migliore di vivere, più gioioso e gratificante, non mette al centro noi stessi bensì gli altri, ma lo fa con l'esempio, con la sua stessa esistenza. Dio non si mette al centro.
E chi non mette al centro sé, vive come Dio.
Ascensione, anno C ⇒Leggi il vangelo secondo Luca 24,46-53