«Chi sono io per giudicare?». Qualche anno fa, queste parole di papa Francesco hanno suscitato un discreto stupore, perché si immaginava che il massimo rappresentante di una religione lo potesse fare.
Che, come in quella cristiana, non solo avesse i titoli per giudicare, ma lo facesse costantemente. Il vangelo di oggi ci mette davanti a Gesù che chiede che a giudicare («getti per primo la pietra») sia solo chi è senza peccato. Ci viene da sorridere, forse: anche il Papa probabilmente qualche peccato potrebbe averlo. Non avrebbe tirato la pietra neppure lui. E questo avvertimento di certo ci dice già molto, perché viviamo in un contesto in cui stroncare e spettegolare sugli altri è normale e frequente; anzi, forse questo non vale solo per noi, ma l'essere umano è sempre stato così. In fondo, giudicare (male) gli altri è il modo più semplice e comodo per sentirci migliori. E di fronte a questo, il suggerimento di astenerci dal giudizio ci può anche sembrare molto sensato e opportuno, anche perché pensiamo sempre di rivolgerlo agli altri, non a noi stessi.
Ma la sorpresa è anche la conclusione del Vangelo. Dio di certo è senza peccato, lui la prima pietra potrebbe scagliarla. Ma non lo fa. Ah, allora ha peccati anche lui? Improbabile, ma il volto divino è quello di chi non castiga. E il volto divino è il più perfetto e autentico volto umano.
Ossia, tra le altre cose Gesù ci dice che se vogliamo diventare profonde e autentiche persone umane, siamo chiamati a smettere di essere severi nel valutare le azioni e i pensieri altrui. Non vuol dire che non dobbiamo distinguere il bene e il male (Gesù è chiaro: «Non peccare più»; non dice che la donna avesse fatto bene), ma significa sapere sempre guardare la persona, più importante di tutte le sue azioni.
V Domenica di Quaresima ⇒C Leggi il Vangelo secondo Giovanni 8,1-11