Chi di noi non sente di avere bisogno di una via d’uscita dalle tante situazioni intricate che viviamo, dalle speranze deluse, dalle tristezze opprimenti? In tutti i modi cerchiamo una salvezza...
Questa salvezza è offerta, secondo il vangelo di Luca, a un gruppo di pastori, persone magari mitizzate ma ritenute impure, nella società ebraica di Giudea del tempo di Augusto. «Oggi è nato per voi un salvatore [...] E questo sarà per voi il segno: troverete un bimbo avvolto in fasce» (Lc 1,11-12). Tutto lì? Un neonato, come tanti; avvolto in fasce, per evitare che sporchi il letto, come tanti: noi oggi diremmo che si tratti di un bambino con il suo pannolino. Come può salvarci? Come può essere un segno straordinario?
Un bambino piccolo può promettere alla mamma di proteggerla, di scacciare le sue paure... ma non saprebbe esattamente come fare. Sua mamma potrebbe invece togliere da casa gli oggetti pericolosi, avvolgere gli spigoli dei mobili con gommapiuma, tenere le sue mani vicine alle ascelle del figlio, da dietro, mentre inizia a camminare, per proteggerlo senza che lui se ne accorga. Non ha senso chiedersi chi dei due ami di più, ma quello della madre è un amore adulto, che stimola a crescere.
Dio si comporta così. Potrebbe venire tra squilli di trombe angeliche, squarciando i cieli, tra fulmini e saette... tutti sarebbero stati costretti ad accorgersi di lui, ad ascoltarlo, a credergli. Saremmo però stati trattati da bambini. Dio non ci considera tali.
Vuole salvarci entrando nel nostro mondo, nella nostra vita, facendosi come noi, per farci come lui. Il segno allora è il più fragile e apparentemente non significativo. Perché Dio non ama gridare, ma ama la vita; non vuole imporsi, ma preferisce sedurre; perché non desidera essere temuto, ma amato. E, sapendo che siamo così spesso tanto fragili, non ha paura a farsi fragile come noi. Perché chi ama vuole assomigliare all’amato.
Solennità del Natale del Signore ⇒Vangelo della messa della notte: Vangelo secondo Luca, 2,1-14