I testi ampli del vangelo di Giovanni sono sempre ricchissimi di aspetti, di significati, pieghe, sfumature che è ben difficile esaurire pienamente, e nei quali è facile (ma anche affascinante) perderci.
Oggi proviamo a riprendere un aspetto del dibattito che segue alla guarigione di un cieco che era tale fin dalla nascita. Intorno a lui, e a Gesù, sembra che tutti siano bloccati e non riescano a chiamare con il suo nome il miracolo della sua guarigione.
Le autorità religiose continuano a interrogarlo, cercando di fargli ammettere che Gesù è un peccatore, i suoi genitori non vogliono esporsi, mentre lui continua a rimarcare semplicemente la realtà: «Prima non ci vedevo, adesso ci vedo. Non si è mai sentito di uno cieco dalla nascita che venga guarito, e questo non può che venire da Dio».
Molto spesso sono proprio le osservazioni più semplici, più realistiche, a mandarci in crisi. E piuttosto che mandarci in crisi, preferiamo negare la realtà. L’incontro di Gesù, pare dirci tra le altre cose Giovanni, ci restituisce anche questa capacità di guardare al reale, di chiamare le cose con il loro nome, e di non avere più paura delle conseguenze. Davvero liberi, non solo dai nostri limiti (nel suo caso, la cecità), ma soprattutto dai nostri interessi e timori.
IV Domenica di Quaresima A ⇒Leggi il capitolo 9 del vangelo secondo Giovanni