Si sente a volte dire, e a volte diciamo anche noi, che “Chi non l’ha provato, non lo può capire”. In questa affermazione c’è un po’ di approssimazione e di superficialità.
Perché si può ascoltare con attenzione l’esperienza di un altro per intuirla, e tonnellate di film e romanzi vorrebbero farci immedesimare nelle vicende di altri. Ma c’è anche un nucleo di verità: chi non ha sperimentato le categorie di fondo dell’umanità, potrebbe essere incapace di comprenderla. E tra queste categorie di fondo due, probabilmente, sono più generali di altre e più diffuse: la paura per le conseguenze negative delle nostre scelte, e la tristezza per l’allontanamento delle persone che ci sono care.
Secondo il vangelo di Giovanni Gesù sa tutto, ha tutto sotto controllo, è padrone della sua vicenda.
Però anche lui è confrontato con il timore per la propria sorte, che potrebbe essere messa a repentaglio dai suoi nemici («Poco fa i giudei cercavano di lapidarti, e tu ci vai di nuovo?»). E piange amaramente per la morte di un suo amico.
Gesù è il Signore, l’apripista, colui che ci fa conoscere il Padre e ci indica la nostra strada. Ma la indica perché la conosce. Perché ha imparato, faticosamente e dolorosamente, a essere un umano, uno di noi. Perché ha pianto e ha avuto paura. Non può non comprendere chi tra noi piange e ha paura.
V Domenica di Quaresima A ⇒Leggi il vangelo secondo Giovanni 11,1-45