Chi ha avuto un po’ di potere, chi è stato genitore, chi è stato punto di riferimento per altri, sa bene quanto sia difficile lasciare andare la propria centralità, anche quando fosse molto illusoria.
L’autonomia solitamente non si riceve in dono, ma la si strappa. Quello che vediamo all’opera intorno a Gesù e a suo Padre è diverso. «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Che significa, poi, che «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». E come facciamo a sapere quali peccati debbano essere perdonati, come facciamo a non sbagliare? Gesù ci chiede semplicemente di prendere il suo posto. Dio si fida di noi al punto da chiederci di fare noi, per lui. Non ci dice come fare, ci affida la responsabilità.
Al solo pensarci, ci potrebbe prendere la vertigine. Dio non è un padre-padrone che non voglia cedere un grammo del suo potere. Al contrario, incentiva la nostra crescita, la nostra capacità di capire e decidere. Ci mette il mondo e la vita in mano. “Fa’ tu, al posto mio. Farai bene”.
Un Padre che non ci vuole figli minorenni, ma persone ben dritte in piedi, pronte a prenderci il peso delle nostre scelte. Il mondo e i nostri fratelli sono affidati alle nostre mani. Siamo chiamati a prendere il posto di Dio, provando ad essere alla sua altezza. Perché Dio è convinto che lo possiamo fare, si fida di noi.
II Domenica di Pasqua A ⇒Leggi il vangelo secondo Giovanni 20,19-31