I vangeli sono molto più ricchi e potenzialmente fecondi di ciò che riusciamo a cogliere. Questo è bello, perché, come le opere d’arte autentiche, continuano a svelarci particolari nuovi e arricchenti.
Nel decimo capitolo del vangelo secondo Giovanni, Gesù si paragona al pastore di un gregge e alla porta del suo recinto: colui che si prende cura di noi, colui attraverso il quale si entra ed esce alla vita. Belle immagini che tanto hanno fatto parlare di sé, che Gesù ha riservato ai suoi discepoli. Lì in mezzo troviamo però qualcosa che non ci aspetteremmo e, forse anche per questo, spesso non ci ricordiamo di aver letto: «Essi non capirono di che cosa parlava loro».
Gesù sta parlando ai suoi discepoli, quelli scelti, quelli che stavano con lui da mesi... e loro non lo capiscono. Ma come? I suoi discepoli, quelli che ce lo avrebbero fatto conoscere... Verrebbe da licenziarli e assumerne altri dodici. E Gesù, che cosa fa? Continua a predicare, prova con un’altra immagine, va avanti a parlare loro. Chi fa così non vuole insegnare e poi verificare se si è capito, ma tiene invece alla relazione, all’apprendimento vero e profondo, alla crescita della persona che ha davanti.
Gesù non è un maestro che vuole trasmettere con precisione informazioni o insegnamenti, ma un amico che vuole aiutarci a vivere bene, e sa che in relazione con lui vivremo meglio. Quindi non ci boccia o rimanda a settembre, ma riprova sempre e ancora a farsi capire...
IV Domenica di Pasqua A ⇒Leggi il vangelo secondo Giovanni 10,1-15