I cristiani lo sanno, quando un angelo appare a una ragazza a Nazaret, siamo al centro della storia. È la scena in cui appare l’eroe in un film, quella in cui compare in scena il grande protagonista.
Certo, è vero che sembra che tutto qui venga rappresentato un po’ in tono minore: in una semplice casa di un paese galileo che nessuno conosceva, davanti a una ragazzina dal nome comunissimo che era una promessa sposa, ossia una donna che ancora non aveva dimostrato o compiuto niente (il valore delle donne, in quel mondo maschilista, si misurava sulla capacità di partorire figli maschi). Però sappiamo che sta per arrivare alla ribalta ciò che cambierà tutto, «Scenderà su di te la potenza dell’Altissimo, chi nascerà sarà chiamato Figlio di Dio, sarà grande, avrà il trono di Davide, regnerà per sempre…». Decisamente un quadro glorioso, solenne, maestoso.
Ma perché l’angelo lo promette al futuro? Perché non succede immediatamente? Perché non ci troviamo di fronte al fatto compiuto?
Perché Dio aspetta il “sì” di Maria, altrimenti non farà niente. La maestosa libertà divina vuole veder nascere davanti a sé altre libertà, non sopporta la sottomissione, l’umiliazione di chi ha davanti. Non è disposto a trattare nessuno di noi come uno strumento in mano sua, se non siamo d’accordo. Dopo aver parlato di umiltà, scopriamo che il primo a essere umile, paziente, in attesa, è proprio Dio.
«Ecco la serva del Signore: avvenga di me ciò che hai detto». Serva, sì, ma per scelta libera personale. E allora, solo allora, Dio può agire.
IV Domenica di Avvento B ⇒Leggi dal vangelo secondo Luca 1,26-38