Che cosa si può pensare di offrire a Dio, che nasce e abita tra noi? Ci sono i magi, che arrivano con doni. Oro, prezioso allora e prezioso oggi, e in più, allora, legato ai re.
E poi incenso, che era un profumo riservato solo agli dèi (quando oggi i cristiani incensano le salme dei defunti, lo fanno riconoscendo simbolicamente che lì c’era Dio). E ancora, un po’ (o molto) a sorpresa, mirra. Sorprende in quanto questa era un unguento che si utilizzava per seppellire i morti. Non sembrerebbe un regalo adatto a un neonato, non fosse che quei doni sono profondamente simbolici: oro al re dell’universo, incenso al dio, mirra all’uomo mortale.
Lo stupore, però, potrebbe essere anche maggiore quando guardiamo a che cosa portano in dono i pastori. La tradizione, non a caso, ha immaginato che portassero latte per il neonato e formaggio per i genitori, o lana per scaldarsi, o altro ancora…
E invece no. Il vangelo non dice che cosa portino, perché non portano nulla. Vanno e basta. Vanno a vedere, qualcosa che può sembrare (ed essere) assolutamente banale, un neonato. Eppure sanno credere alla promessa che lì dentro ci sia davvero la loro liberazione.
È l’augurio del Natale a tutti noi: non disprezzare la normalità, non aver paura di ricevere senza contraccambiare, entra nella logica gratuita di Dio, che ti chiede solo di fidarti, per vivere meglio e vedere la tua salvezza.
Solennità del Natale del Signore ⇒Leggi il Vangelo della messa della notte: Luca, 2,1-14