«Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» lo ripetiamo spesso e forse non ne comprendiamo appieno il significato e la sua forza; lo bisbigliamo sottovoce quando entriamo in una chiesa.
Oppure silenziosamente al mattino quando ci svegliamo, accompagnando le parole con un gesto che accarezza fronte, petto e spalle. Fatico a seguire questo Dio che si moltiplica, che danza trasformandosi e lascia i miei occhi che lo guardano allucinati, come a seguire bagliori nella notte, la mia notte dubbiosa. Vorrei poterti spiegare, nel senso vero del termine, cioè aprire le tue pieghe e guardarci dentro, appianare le onde in cui ti nascondi: chi sei? Sei il Dio che condusse Israele, quello di Abramo e di Mosè con le sue leggi, con il suo nome impronunciabile, Yahvè, ma che racconta di un esserci? Sei quel ragazzo che camminava infaticabile nelle vie di Palestina e con le sue parole faceva sognare gli scartati del tempo: peccatori, prostitute, vedove e lebbrosi senza speranza? O sei quel vento che scompiglia improvvisamente la polvere che si accumula, che fa parlare lingue sconosciute e comprendersi, che soffia via le paure, ci prende per mano e ci fa rialzare? Chi sei? L’uno o l’altro?
Oggi mi dici che sei l’uno e gli altri, come a voler spezzare ogni solitudine, come impastare acqua farina e lievito per farne pane, come un abbraccio. Non sei un Dio fermo e statico nella sua inalterabile divinità, ma ti muovi continuamente, cammini, corri e parli, in un movimento incessante come quello del mare, in una dinamicità che è vita, in uno slancio che è amore. Un intreccio di amanti. Ed io, che sono fatto a tua immagine, mi porto dentro questo intreccio, questo legame di amore che mi fa star male quando sono solo, che mi fa disperare nei fallimenti delle mie relazioni. Come te ho bisogno dell’altro.
«In qualunque cosa umana non c’è nulla di amabile senza una persona amica» afferma sant’Agostino: qualcuno con cui danzare, con cui mangiare e sorridere, piangere e commuovermi, qualcuno da amare e da cui essere amato. Una casa è Dio, dove si abbracciano forza, dolcezza e leggerezza per far nascere sempre la vita.
Commento tratto dall’Avvenire: La Trinità segno della dinamicità di Dio (avvenire.it)